Iniziamo il ciclo di letture di questo nuovo anno con il proporre l'ultimo romanzo di Franco Forte,
Nel consigliare questo libro, il primo di una serie di 4 che andremo a recensire nei prossimi mesi ci proponiamo di illustrarvi il periodo storico a cui fa riferimento la nostra Associazione di Rievocatori Medioevali attraverso una divertente e piacevole lettura di romanzi storici di pregio
Il secolo di riferimento è il XIII° secolo e più precisamente il periodo in cui visse il Federico II° di Svevia , un secolo questo che à da considerarsi il più illuminista e rinascimentale del Medioevo
Nel consigliare questo libro, il primo di una serie di 4 che andremo a recensire nei prossimi mesi ci proponiamo di illustrarvi il periodo storico a cui fa riferimento la nostra Associazione di Rievocatori Medioevali attraverso una divertente e piacevole lettura di romanzi storici di pregio
Il secolo di riferimento è il XIII° secolo e più precisamente il periodo in cui visse il Federico II° di Svevia , un secolo questo che à da considerarsi il più illuminista e rinascimentale del Medioevo
Non potevamo non iniziare che parlando della discesa in Italia dell'esercito imperiale di Federico il Barbarossa fase che culminò con quella che tutti noi ricordiamo come la BATTAGLIA DI LEGNANO...
Iniziamo, quindi, a sfogliare il libro che accompagna idealmente, pagina dopo pagina, la discesa di Federico I° detto "Il Barbarossa" in Italia, l'assedio di Alessandria da parte dell'esercito Imperiale e la sua marcia verso quella Italia Comunale che , armata del coraggio che le veniva dalla sua trovata identità "nazionale", cercherà di fermarlo nella la storica Battaglia di Legnano in cui la leggenda popolare narra la storia di un Alberto da Giussano e dei suoi 900 armati sopranominati "la Compagnia della Morte"
Un grande romanzo di guerra, di battaglie e di morte, ma anche una sorprendente vicenda d'amore e la rivisitazione in chiave epica delle gesta di Alberto da Giussano e dei suoi Cavalieri della Morte, che riuscirono ad assestare un formidabile colpo al Sacro Romano Impero e a Federico il Barbarossa.
Leggiamolo assieme
Anno Domini 1176. Nelle campagne vicino a Legnano, i 300 uomini della Compagnia del Carroccio si oppongono all’avanzata dell’esercito del Sacro Romano Impero, guidato da Federico I il Barbarossa. La loro è l’ultima, strenua difesa prima che l’invasore germanico riesca a tracimare in Italia, per soffocare nel sangue il fremito d’indipendenza dei Comuni Padani, riunitisi nella Lega Lombarda dopo il giuramento di Pontida.
Al comando della Compagnia del Carroccio c’è Rossano da Brescia, soldato di ventura e uomo d’onore che ha un conto in sospeso con il Barbarossa, che gli ha ucciso la moglie durante l’eccidio di Milano del 1162.
Da allora Milano e risorta, e insieme ad altri comuni padani ha dato vita a un esercito che intende fermare i propositi egemonici del Barbarossa in Italia. Un uomo è al comando di questo esercito, un condottiero il cui nome è già leggenda: Alberto da Giussano. Il Comandante lombardo ha dalla sua la forza di intere coorti di giovani combattenti, la più famosa delle quali, la Compagnia della Morte, è composta da novecento uomini valorosi votati a tutto, pur di difendere la Lega dall’invasore germanico. La Compagnia della Morte ha come simbolo e baluardo il Carroccio, un enorme carro su cui svettano le insegne della Lega, la Martinella, la campana che sprona gli uomini alla difesa dei loro diritti e del loro territorio, e il gonfalone con la croce papale.
Ed è in onore di Papa Alessandro III che i Comuni Padani fondano Alessandria, una fortezza eretta per resistere all’avanzata del possente esercito imperiale.
Sullo sfondo di questi anni eroici e terribili, degli scontri fra guelfi e ghibellini, fra il potere politico e quello spirituale che rischia di far ripiombare l’Italia nella barbarie, si muovono le vicende di Rossano da Brescia, alla ricerca della propria personale vendetta, e di Angelica Concesa, coraggiosa contessina disposta a tutto, anche ad armarsi lei stessa sotto le insegne del Carroccio, pur di restare accanto al suo amato Rossano.
Lo scontro finale avviene nelle campagne di Legnano. Rossano da Brescia, Alberto da Giussano e i valorosi cavalieri della Compagnia della Morte, oppongono una strenua resistenza all’avanzata dell’esercito imperiale, sacrificando le proprie vite in nome della libertà e dell’indipendenza padana.
E’ il momento della verità, del sangue e dell’amore. Finché non si levano alti i rintocchi della Martinella, a proclamare la vittoria dell’esercito lombardo sull’usurpatore.
Una storia di guerra, di battaglie e di morte, ma anche una sorprendente vicenda d’amore e la rivisitazione in chiave epica delle gesta di Alberto da Giussano e dei suoi Cavalieri della Morte, che riuscirono ad assestare un formidabile colpo alle schiere del Sacro Romano Impero.
Al comando della Compagnia del Carroccio c’è Rossano da Brescia, soldato di ventura e uomo d’onore che ha un conto in sospeso con il Barbarossa, che gli ha ucciso la moglie durante l’eccidio di Milano del 1162.
Da allora Milano e risorta, e insieme ad altri comuni padani ha dato vita a un esercito che intende fermare i propositi egemonici del Barbarossa in Italia. Un uomo è al comando di questo esercito, un condottiero il cui nome è già leggenda: Alberto da Giussano. Il Comandante lombardo ha dalla sua la forza di intere coorti di giovani combattenti, la più famosa delle quali, la Compagnia della Morte, è composta da novecento uomini valorosi votati a tutto, pur di difendere la Lega dall’invasore germanico. La Compagnia della Morte ha come simbolo e baluardo il Carroccio, un enorme carro su cui svettano le insegne della Lega, la Martinella, la campana che sprona gli uomini alla difesa dei loro diritti e del loro territorio, e il gonfalone con la croce papale.
Ed è in onore di Papa Alessandro III che i Comuni Padani fondano Alessandria, una fortezza eretta per resistere all’avanzata del possente esercito imperiale.
Sullo sfondo di questi anni eroici e terribili, degli scontri fra guelfi e ghibellini, fra il potere politico e quello spirituale che rischia di far ripiombare l’Italia nella barbarie, si muovono le vicende di Rossano da Brescia, alla ricerca della propria personale vendetta, e di Angelica Concesa, coraggiosa contessina disposta a tutto, anche ad armarsi lei stessa sotto le insegne del Carroccio, pur di restare accanto al suo amato Rossano.
Lo scontro finale avviene nelle campagne di Legnano. Rossano da Brescia, Alberto da Giussano e i valorosi cavalieri della Compagnia della Morte, oppongono una strenua resistenza all’avanzata dell’esercito imperiale, sacrificando le proprie vite in nome della libertà e dell’indipendenza padana.
E’ il momento della verità, del sangue e dell’amore. Finché non si levano alti i rintocchi della Martinella, a proclamare la vittoria dell’esercito lombardo sull’usurpatore.
Una storia di guerra, di battaglie e di morte, ma anche una sorprendente vicenda d’amore e la rivisitazione in chiave epica delle gesta di Alberto da Giussano e dei suoi Cavalieri della Morte, che riuscirono ad assestare un formidabile colpo alle schiere del Sacro Romano Impero.
Un po' di storia per apprezzare meglio questo romanzo storico.
Alberto da Giussano - da Wikipedia l'enciclopedia liberaSi tratta d un personaggio storico del XII secolo. Condottiero italiano citato in alcune opere letterarie scritte in secoli successivi, non ne è univocamente determinata la effettiva esistenza storica.
Con l'esclusione della possibile provenienza, Giussano, una città a 25 km a nord di Milano, non si hanno notizie storiche e biografiche certe. Appare per la prima volta nella cronaca storica della città di Milano scritta dal frate domenicano Galvano Fiamma [1] nella prima metà del XIV secolo. La cronaca fu scritta per compiacere Galeazzo Visconti signore di Milano, ricostruendo la storia del medioevo del comune in toni eroici. Alberto venne descritto come il cavaliere che si distinse insieme ai due fratelli nella battaglia di Legnano del 29 maggio 1176 per aver guidato la Compagnia della Morte. Secondo Galvano Fiamma, egli fondò, organizzò ed equipaggiò la Compagnia della Morte descritta come un'associazione militare di 900 giovani cavalieri scelti con il compito di difendere fino alla morte il carroccio, simbolo della Lega Lombarda, contro l'esercito imperiale di Federico I Barbarossa, imperatore del Sacro Romano Impero.
Alcuni storici ritengono tuttavia la sua figura poco attendibile in quanto "troppo romanzata ed idealizzante". Nell'immaginario collettivo egli rimane comunque un simbolo della libertà dei popoli oppressi dal potere centrale.
Il Carroccio - da Wikipedia l'enciclopedia libera
Il carro sacro di battaglia fu ideato dagli eserciti dei grandi centri economici e militari dell'alta Italia, che lo utilizzarono per circa trecento anni a partire dall'XI secolo.L'uso del carro era diffuso soprattutto in pianura, dato che le dimensioni della sua struttura erano tali da renderne particolarmente difficile l'impiego sui pendii.
Le città che per tradizione ricorsero all'uso del Carroccio furono Brescia, Cremona, Milano, Padova e Vercelli, e in tutti i casi il sacro carro e' descritto come un mezzo dalle dimensioni superiori alla norma.
Per tirare i carri da guerra di ognuna delle cinque città sopra menzionate occorrevano da tre a quattro paia di buoi, perché il pianale era tanto alto da permettere al capitano d'armi di controllare lo svolgimento della battaglia e al tempo stesso tanto robusto da resistere agli attacchi dei nemici e alle insidie dei campi.
Le descrizioni concordano pure nel menzionare per ciascuno dei carri un pennone, una campanella e una croce:in tutti i casi il pennone serviva a reggere il vessillo dell'esercito raccolto attorno al Carroccio, mentre la campana ("martinella" per i milanesi, "Nola" per i cremonesi e "Berta" per i padovani) serviva a scandire i tempi del trasferimento e a chiamare a raccolta gli armati durante la battaglia.
La croce aveva invece il valore simbolico che anche oggi le e' universalmente riconosciuto dalla cristianità: posta solitamente alla base del pennone serviva a richiamare i valori della fede e del sacrificio, ricordando al tempo stesso a fanti e cavalieri che Dio era sceso in campo al loro fianco.
Federico I° detto Il Barbarossa da Wikipedia l'enciclopedia libera
Federico I Hohenstaufen (1122 – Saleph, 10 giugno 1190) è stato un sovrano tedesco, e imperatore del Sacro Romano Impero. Salì al trono di Germania il 4 marzo 1152 succedendo allo zio Corrado III, e fu incoronato Imperatore il 18 giugno 1155.L'ascesa al trono
Non sono noti con certezza né il luogo né la data di nascita di Federico III di Hohenstaufen, è tuttavia quasi certo che sia nato nel castello di Waiblingen, nella prima metà degli anni '20 del XII secolo, le ipotesi spaziano tra il 1118 e il 1125. Il padre, che portava il suo stesso nome, era Federico II di Svevia duca di Svevia e apparteneva al partito detto poi in Italia dei ghibellini, proprio dal nome del castello di Freya o Staufer-Waiblingen. La madre era Giuditta di Baviera, appartenente alla dinastia rivale dei Welfen, dal cui nome derivò quello del partito antagonista: quello dei guelfi. Federico rappresentava agli occhi dei principali elettori dell'Impero una scelta accettabile per la corona, poiché appunto per linea materna aveva legami anche con la casata dei Welfen; inoltre dopo la crisi di potere seguita alla morte di Enrico V, incapace di assicurare in modo definitivo alla propria dinastia la successione al trono di Germania, per la prima volta, alla morte di Corrado III si ebbe una minore conflittualità per il regno. La contesa che si creò inevitabilmente, come sempre era avvenuto per l'elezione del re di Germania, fra le due principali casate del regno si risolse il 4 marzo 1152 a Francoforte grazie ad un compromesso: Enrico il Leone, dei Welfen, uno dei principali pretendenti al trono, rinunciò ad esso in cambio della sovranità sulla Sassonia, oltre che sulla Baviera, e re di Germania fu eletto Federico III di Svevia che prese il nome di re Federico I. Fu incoronato ad Aquisgrana il 9 marzo 1152 all'età di circa trentanni.Da subito Federico I mostrò di voler rafforzare l'autorità imperiale, per cui indisse una dieta a Costanza a cui parteciparono anche gli ambasciatori di papa Anastasio IV (1153-54); ad essi Federico espresse la convinzione che potere politico e spirituale potessero collaborare su un piano di parità, per cui ribadì i suoi diritti in materia di elezione dei vescovi tedeschi ma allo stesso tempo assicurò di voler rispettare prestigio e potenza della Chiesa, in cambio della promessa di essere incoronato imperatore. Ma a Costanza c'erano anche ambasciatori di Lodi, Pavia e Como, venuti ad implorare aiuto contro la prepotenza di Milano, che dopo aver distrutto Lodi ne impediva la riedificazione, mentre delle altre limitava fortemente lo sviluppo.
Le pretese sull'Italia
Federico ne approfittò per intervenire nella politica italiana: egli seguiva un ideale di impero universale, e il controllo sia sui Comuni a nord sia sul Regno di Sicilia a sud era essenziale a questo scopo. L'Italia era per l'imperatore tedesco il contesto ideale per ottenere alcune prerogative essenziali per realizzare la costruzione dell'impero universale: la supremazia nella contesa col papato per la potestà civile universale, il legame con la tradizione dell'impero romano, cui Federico si ispirava, e la sovranità su Comuni e feudatari. A tal scopo dispose un saldo controllo su tutti i territori della Corona, utilizzando funzionari di umili origini e provata fedeltà, i ministeriales, e si pose l'obiettivo di recuperare gli iura regalia, le regalie, ossia gli inalienabili diritti del potere regio (amministrazione della giustizia, difesa del territorio, riscossione delle imposte), poiché il potere comunale in Italia si stava arrogando poteri propri del sovrano sia all'interno sia all'esterno del territorio urbano, come dimostrava l'esempio di Milano, che aveva apertamente aggredito altri sudditi dell'imperatore.Dopo la dieta di Costanza le condizioni per scendere in Italia c'erano tutte: lo chiedevano le famiglie feudali per limitare il potere comunale, lo chiedevano i piccoli Comuni alleatisi contro Milano, lo chiedeva il papa stesso, Adriano IV (salito al soglio papale dopo il breve pontificato di Anastasio IV), che auspicava l'intervento di Federico contro il Comune di Roma, in cui a partire dal 1143 si era formato un regime capeggiato da Arnaldo da Brescia, un riformatore patarino contestatore del potere temporale dei papi che aveva costretto papa Adriano a ritirarsi ad Orvieto.
Le guerre in Italia
Nell'ottobre 1154 Federico scese in Italia alla testa di un piccolo esercito e fu incoronato re a Pavia, dopodiché convocò una dieta a Roncaglia, Piacenza, in cui revocò tutte le regalie usurpate dai Comuni sin dal tempo di Enrico IV. Fatto ciò passò all'azione di forza: distrusse alcune località minori come Galliate e alcuni Comuni maggiori come Asti e Chieri (consegnate poi al marchese di Monferrato, suo fedele vassallo) e, nell'aprile del 1155, Tortona, alleata di Milano (quest'ultima venne messa al bando e privata di tutti i suoi privilegi). Quindi si mise in marcia verso Roma per cingere la corona di imperatore, incontrò papa Adriano a Viterbo e si accordò con lui per far catturare e giustiziare Arnaldo da Brescia, abbattendo il regime comunale romano. Successivamente rifiutò la corona imperiale offertagli dai cittadini romani per ricevere quella consegnatagli dal papa (giugno 1155), ma quest'ultimo sgarbo, oltre alla sottomissione che la città aveva dovuto subire, scatenò una serie di violenti tumulti contro l'esercito tedesco, per cui Federico tornò indietro verso l'Italia settentrionale e per ritorsione saccheggiò Spoleto.Papa Adriano, nel frattempo, per garantirsi comunque una protezione, venne a patti con i Normanni, la cui potenza un tempo era stata in realtà giudicata pericolosa dal pontefice, concedendo al re di Sicilia Guglielmo I il Malo l'investitura di tutto il regno, comprese Capua e Napoli. Questo accordo però veniva meno ai patti tra papa e imperatore, e d'altra parte non mancavano altri motivi di contrasto tra i due, a causa dell'eccessiva ingerenza di Federico nell'elezione dei vescovi in Germania. Un conflitto vero e proprio scoppiò nella dieta di Besançon (1157), in occasione della quale si scontrarono le due opposte concezioni del cesaropapismo imperiale e della teocrazia papale: la prima concezione vede il potere temporale dell'imperatore dotato di un'autorità e una libertà decisionale assolutamente superiori in ogni campo a qualsiasi altra autorità, anche quella sacra, mentre la seconda è la concezione del potere riassunta nel Dictatus Papae di Gregorio VII che vede l'indiscussa supremazia del potere spirituale del papa su quello dell'imperatore, anche in materia di concessione di autorità politiche, per cui il papa può perfino svincolare i sudditi dalla sovranità imperiale. L'anno dopo (giugno 1158), alla luce di questi contrasti di natura ideologica col pontefice e dato che Milano aveva ripreso ad agire con una certa autonomia, provvedendo, per esempio, alla ricostruzione di Tortona, Federico decise per una seconda discesa in Italia, stavolta alla testa di truppe più ingenti. Fatta ricostruire Lodi, assediò Milano, obbligandola a sottoporre all'approvazione imperiale la nomina dei suoi consoli. A novembre dello stesso anno venne convocata la seconda, e più importante, dieta di Roncaglia, cui parteciparono importanti esperti di diritto dell'Università di Bologna che fornirono a Federico, su sua esplicita richiesta, l'elenco dei diritti regi, poi inserito nella Constitutio de regalibus: elezione di duchi, conti e marchesi, nomina dei consoli comunali e dei magistrati cittadini, riscossione delle tasse, conio delle monete, imposizione di lavori di carattere pubblico. Tutti questi diritti Federico era anche disposto a lasciarli ai Comuni, in cambio però di un tributo annuo e del riconoscimento che l'impero fosse la fonte di ogni potere. In base a quest'ultimo principio Federico emanò anche la Constitutio de pacis con cui proibì le leghe fra città e le guerre private. Per quanto riguarda infine i beni fondiari, rivendicò per quelli pubblici (contee, ducati, ecc.) la dipendenza regia e per quelli allodiali il diritto dell'imperatore di dare o meno il proprio consenso a che un proprietario potesse esercitare diritti signorili: gli allodi diventarono quasi dei feudi a tutti gli effetti. Inviò ovunque propri funzionari che ricevessero l'omaggio vassallatico dai signori e controllassero in modo diretto, in qualità di podestà, i Comuni più riottosi. Intanto moriva Adriano IV e al suo posto la maggioranza dei cardinali eleggeva papa Alessandro III, che si accostava subito dalla parte dei Comuni, mentre la minoranza votava un cardinale parente di Federico, col nome di Vittore IV. Federico pretese di decidere quale dei due fosse il legittimo pontefice e convocò un concilio a Pavia, ma Alessandro rifiutò di riconoscere la competenza di Federico in materia e, poiché il concilio riconobbe papa Vittore IV, scomunicò l'imperatore, dopodiché si rifugiò in Francia. Milano intanto rifiutava ancora di arrendersi, attaccando e sconfiggendo a più riprese le truppe imperiali. Stavolta però la reazione di Federico fu definitiva: il 10 marzo 1162 Milano fu costretta alla resa e subito dopo iniziò la sua distruzione. Federico sembrava all'apogeo della sua potenza e tornò in Germania, per ridiscendere tuttavia solo l'anno dopo, nel 1163, perché già incalzava la riscossa italiana; intanto moriva l'antipapa Vittore IV, cui ne sarebbero seguiti altri due, Pasquale III e Callisto III, mentre papa Alessandro III, ricevuto il riconoscimento della sua autorità dagli altri sovrani d'Europa, poteva tornare a Roma nel 1165.
La Lega Lombarda
La terza discesa in Italia di Federico si concluse tuttavia con un nulla di fatto: organizzata una campagna militare contro i Normanni, per la quale doveva avere l'appoggio di Pisa e Genova, Federico dovette desistere a causa di una malattia, e tra l'altro anche Pisa e Genova, impegnate in un'aspra contesa per il controllo della Sardegna, avevano alla fine rinunciato, per cui l'imperatore tornò in patria. Nel frattempo le città della marca veronese (Verona, Treviso, Vicenza e Padova), con l'appoggio di Venezia (che mirava però, più che al riconoscimento del regime comunale, all'ampliamento ulteriore della propria autonomia) fondavano nel 1164 la Lega veronese, venendo meno alla Constitutio de pacis, mentre anche in Lombardia la città di Cremona, da sempre fedele all'imperatore, gli si rivoltava contro, creando con Crema, Brescia, Bergamo, Mantova e Milano (o meglio i Milanesi, dato che non avevano più una città) la Lega cremonese, grazie al giuramento di Pontida del 7 aprile 1167. Il primo dicembre dello stesso anno dalla fusione delle due leghe nasceva la Societas Lombardiae, la Lega Lombarda. Ad essa si unirono subito Parma, Piacenza e Lodi, e anche papa Alessandro diede il proprio appoggio, mentre non lo fece il Regno di Sicilia, a causa di un momento di riassestamento dinastico (dopo la morte di Guglielmo il Malo, il successore, Guglielmo II il Buono, non aveva l'età per governare e finì sotto la tutela della madre).La battaglia di Legnano e il tramonto del sogno imperiale.
Federico reagì prontamente: sceso per la quarta volta in Italia nel 1166, si impadronì subito di Roma, dove si fece incoronare imperatore per la seconda volta dall'antipapa Pasquale (1 agosto 1167), mentre Alessandro si rifugiava a Benevento. Poi si volse contro i Normanni, ma una grave epidemia scoppiata nell'esercito lo costrinse a riparare a Pavia, insieme a Como l'unica città rimastagli fedele, dopodiché dovette tornare in Germania, dandosi quasi alla fuga e riuscendovi solo con l'appoggio del marchese di Monferrato. Federico rimase in patria 6 anni, durante i quali rafforzò la propria posizione, ma anche la Lega lombarda nel frattempo diventava sempre più potente, le città e perfino i signori feudali che vi aderivano erano sempre più numerosi e ora il Regno di Sicilia e perfino l'impero bizantino vi partecipavano, mentre Milano risorgeva rapidamente e per neutralizzare la possibilità di intervento da parte di Pavia e del marchese del Monferrato si fondava sul Tanaro una nuova città, chiamata Alessandria in onore del papa (1168). Nel 1174 Federico scese per la quinta volta in Italia: subito prese Asti e mosse contro Alessandria un assedio di ben 7 mesi, interrotto solo dal sopraggiungere dell'imponente esercito della Lega. A quel punto Federico fu costretto per la seconda volta a rifugiarsi a Pavia, né ebbero alcun risultato positivo per lui i successivi accordi armistiziali di Montebello dell'aprile di quello stesso anno, che valsero solo a guadagnare tempo in attesa dei rinforzi militari in arrivo Tratto dal sito dalla Germania, che non furono però numerosi come sperato perché in patria i signori feudali si stavano stancando delle onerose spedizioni militari italiane, che tra l'altro andavano incontro ad alterne vicende, mentre della Germania Federico non sembrava occuparsi troppo. E proprio mentre, aggregatesi le truppe di rinforzo, Federico aveva appena ripreso la marcia verso sud, l'imperatore venne travolto a Legnano, il 29 maggio 1176, dall'esercito della Lega, incappando in una disastrosa sconfitta, della quale massimi artefici furono, non a caso, i milanesi, che, suddivisi in due compagnie, quella del Carroccio e quella della Morte, impedirono che si convertisse in fuga precipitosa il primo ripiegamento cui la cavalleria tedesca aveva costretto parte dell'esercito lombardo, dopodiché spinsero quest'ultimo al decisivo contrassalto. L'esercito tedesco trovò rifugio, ancora una volta, a Pavia, dopodiché Federico si affrettò a cercare di risolvere la questione con la diplomazia, avviando le trattative di pace direttamente col pontefice, con il quale si giunse ad un accordo: Federico disconobbe l'antipapa e restituì al Comune di Roma le sue regalie e i suoi territori, mentre Alessandro III garantì la propria mediazione con i Comuni (accordi preliminari di Anagni, novembre 1176), che però la rifiutarono, non gradendo il cambiamento di atteggiamento del pontefice.La pace di Costanza
Si giunse così al nuovo tentativo di pacificazione che si svolse a Venezia nel luglio 1177, cui parteciparono papa, imperatore, Guglielmo II il Buono e delegati dei Comuni: si confermarono sostanzialmente gli accordi di Anagni ma non si arrivò ad una pace definitiva, bensì ad una tregua lunga col re di Sicilia e ad una triennale coi Comuni. Federico tornò a quel punto in Germania per risolvere definitivamente i contrasti con i suoi feudatari, in modo particolare con Enrico il Leone, reo di non aver sostenuto l'imperatore nel modo adeguato dal punto di vista militare. L'ostinata resistenza di Enrico fu infine vinta (1180) e nel frattempo anche in Italia la situazione andava migliorando, poiché la Lega si stava sfaldando a causa di contrasti e rivalità interne fra i Comuni. Si giunse così alla "pace definitiva" di Costanza, il 25 giugno 1183: l'imperatore riconosceva la Lega e faceva alle città che la componevano concessioni riguardanti tutti gli ambiti, amministrativo, politico e giudiziario, regalie comprese; rinunciava inoltre alla nomina dei podestà, riconoscendo i consoli nominati dai cittadini. I ComFederico I° detto Il Barbarossa da Wikipedia l'enciclopedia libera
uni si impegnavano in cambio a pagare un indennizzo una tantum di 15.000 lire e un tributo annuo di 2.000, a corrispondere all'imperatore il fodro (ossia il foraggio per i cavalli, o un'imposta sostitutiva) quando questi fosse sceso in Italia, a concedere all'imperatore la prerogativa di dirimere in prima persona le questioni fra un Comune e l'altro. Si trattava di un compromesso che segnava la rinuncia all'ormai anacronistico concetto di "impero universale" e, dunque, al piano di dominio assoluto di Federico, mentre i Comuni avrebbero mantenuto la loro larga autonomia. Prima di morire, tuttavia, Federico riuscì ad estendere la propria autorità sul regno normanno, dando in matrimonio il figlio Enrico a Costanza d'Altavilla, ultima erede della dinastia normanna.Dopo la pace stipulata con il Papa Alessandro III Federico si imbarcò per la Terza Crociata (1189) con Filippo Augusto di Francia e Riccardo I d'Inghilterra (noto anche come Riccardo Cuor di Leone), ma affogò traversando il fiume Saleph in Cilicia nel Sud-Est dell'Anatolia.
A Federico successe sul trono reale e imperiale il figlio Enrico VI.
La morte a Saleph o Ex Alphi
Le esatte circostanze della morte di Federico sono sconosciute. È ipotizzabile che l'anziano imperatore sia stato disarcionato da cavallo e lo shock dovuto all'acqua fredda gli abbia causato un arresto cardiaco oppure, forse appesantito dalla sua stessa armatura e fiaccato dall'intensa calura del giugno siriano, Federico I affogò nelle acque che a mala pena arrivavano ai fianchi, secondo quanto riferisce il cronista arabo Ibn al-Athīr nel suo al-Kāmil fī taʾrīkh (La perfezione nella storia). Il peso dell'armatura di quel giorno, progettata per essere la più leggera possibile, fu tale comunque da trascinare con sé un uomo in salute in acque poco profonde.La morte di Federico gettò il suo esercito nel caos. Senza comandante, in preda al panico e attaccati da tutti i lati dai turchi, molti tedeschi furono uccisi o disertarono. Solo 5.000 soldati, una piccola frazione delle forze iniziali, arrivarono ad Acri. Il figlio del Barbarossa, Federico V di Svevia, proseguì con i soldati rimasti, con l'obiettivo di dar sepoltura all'imperatore a Gerusalemme, ma gli sforzi per conservare il cadavere utilizzando l'aceto fallirono. Quindi le spoglie di Federico furono seppellite nella chiesa di San Pietro in Antiochia di Siria, le ossa nella cattedrale di Tiro e il cuore e gli organi interni a Tarso.
L'improvvisa morte di Federico lasciò l'esercito crociato sotto il comando dei rivali Filippo II di Francia e Riccardo I d'Inghilterra che, giunti in Palestina separatamente via mare, lo portarono infine a dissoluzione. Riccardo Cuor di Leone continuò verso Est dove affrontò il Saladino con alterni esiti, ma senza raggiungere il suo obiettivo finale, la conquista di Gerusalemme.
La via Francigena
Era la strada (sarebbe però più corretto dire l'insieme di strade) che nel Medioevo collegava il regno di Borgogna con l'Italia e che rappresentava il più importante canale di comunicazione con il Nord Europa.Il nome "Francigena" deriva dal fatto che i primi segmenti di questa strada attraversavano le Alpi dalla Francia al Piemonte, passando per i valichi dei Moncenisio, dei Monginevro e del Gran San Bernardo; tale nome sarebbe poi rimasto a comprendere anche altri itinerari aperti al transito verso il centro e il nord Europa, fino al Mar Baltico da un lato ed al canale della Manica dall'altro.
La via Francigena non è nata, al contrario della rete delle comunicazioni imperiali, da un progetto strategico unitario, ma dalla necessità dei pellegrini di andare verso i luoghi consacrati per guadagnare la benevolenza di Dio.
La meta privilegiata dalla maggior parte dei pellegrini era Roma perciò, prima dei Mille, la via Francigena veniva denominata su Via Sancti Petri o Romea, ed i pellegrini erano detti Romei.
Informazioni storiche liberamente tratte da questa fonte.
Non posso che associarmi con eguale entusiasmo a tutti i commenti precedenti, per gli amanti del romanzo storico medievale ci sono davvero tutti gli elementi per leggere questo libro con la massima gratificazione sia per quanto concerne la ricostruzione del periodo e degli avvenimenti storici, sia per la scelta ed il tratteggio dei principali personaggi. Molto ben descritte le battaglie tra l'imperatore Barbarossa e la Lega dei comuni lombardi, in particolare l'assedio ad Alessandria e la battaglia di Legnano, quest'ultima mi ha ricordato per molti versi, e lo considero un grosso complimento, un'analoga descrizione da parte di Bernard Cornwell relativa alla battaglia di Crecy ne "L'arciere del re". Non potevano mancare altri ingredienti solitamente presenti quali il cattivone di turno o la storia sentimentale contrastata, e se è vero che sono abbastanza prevedibili nei loro rispettivi punti di arrivo, le modalità con cui si evolvono e lo stile narrativo dell'autore che tiene sempre alta l'attenzione giustificano davvero un commento altamente positivo sul libro e su Franco Forte, paragonabile secondo me per capacità descrittiva e preparazione storica ad un altro bravissimo autore italiano che si è cimentato con romanzi storici ambientati nel periodo medievale: Marco Salvador.
RispondiEliminaUn vero capolavoro. Forse il libro con ambientazione storica più bello che ho mai letto. Il racconto dell'assedio alla città di Alessandria è veramente unico e avvincente, sembra di assistere dal vivo. Bellissimo!!!!!
RispondiEliminaDifficile fare un romanzo storico estremamente accurato su questo periodo, visto che c'è ben poco come documentazione. Comunque la battaglia di Legnano e l'assedio di Alessandria sono pazzeschi, con una ricostruzione storica minuziosa e rigorosa, quindi proprio più di così non potevo chiede. Un romanzo magnifico
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