L' arco è stato una delle più importanti tappe del progresso umano. Anche se gli storici continuano a discutere sull'esatta data di nascita, si può ragionevolmente considerarlo un ' arma già affermata cinquantamila anni or sono, come testimonia la presenza, fra antiche pitture rupestri di Altamira (Spagna), risalenti al Paleolitico superiore, in cui è raffigurato un tipo "lungo" e "ricurvo" dove le frecce appaiono già dotate di impennaggi.
Per quanto riguarda quella tipologia di arco intesa come efficace arma da guerra dobbiamo arrivare dopo l'anno 1000, periodo in cui si si ha con i gallesi il vero perfezionamento della tecnica di tiro e costruttiva poiché questi ne fecero uso continuo sia in tempi di pace che in tempi di guerra.
Lo sviluppo di questo tipo di arco avvenne probabilmente nel sud del Galles, ma sovrani come Riccardo I e re Giovanni continuarono a preferire nelle loro battaglie i balestrieri mercenari anziché gli abilissimi arcieri gallesi. Solo sotto il regno di Edoardo I il longbow divenne l ' arma preferita dagli inglesi nelle loro battaglie. Nel 1298 a Falkirk, una forza mista di Inglesi e arcieri Gallesi sconfisse gli Scozzesi, dimostrando il terribile potenziale delle frecce scagliate in massa a grande distanza.
L'efficacia di quest'arco sul campo di battaglia è testimoniata da vari episodi. Ben nota è, ad esempio, la giornata di Crécy, dove gli arcieri di Edoardo III d' Inghilterra, armati di arco lungo, il 26 agosto del 1346, al ritmo di dodici frecce al minuto, sgominarono i rinomatissimi balestrieri genovesi, al soldo di Filippo VI di Francia, che, per un solo colpo, fra caricamento e scatto, impiegavano almeno mezzo minuto. Pare sia stata questa la causa del disastro, non già la pioggia che aveva inumidito le corde delle balestre, tendendole più del necessario, come a lungo sostenuto dagli storici. Dopo i balestrieri le frecce di Crécy cercarono, ad uno ad uno, i cavalieri, facendone una tale strage che la cavalleria feudale finì praticamente di avere peso tattico. Per comprendere la portata di questa vittoria inglese, basta osservare il rapporto delle forze scese in campo: per gli inglesi 3.900 cavalieri, 11.000 arcieri e 5.000 fanti; per i francesi 12.000 cavalieri, 6.000 balestrieri mercenari, 20.000 guardie cittadine e una divisione di cavalleria sotto il comando del re Giovanni di Boemia.
Bastò un'altra strage ad Agincourt, nel 1415, per far cessare un predominio che durava da mille anni. Il cavaliere restituiva al fante il ruolo di protagonista sul campo di battaglia.
Quest ' arco è ricavato da un unico pezzo di legno, solitamente tasso, ed era un'arma formidabile quando usata da arcieri altamente addestrati.
Le sue frecce,di legno di frassino o di betulla con punte d ' acciaio di varia foggia, erano mortali a distanze di 100 - 150 metri e quando venivano scagliate a "pioggia" dagli addestratissimi reparti inglesi, seminavano morte e scompiglio nelle fila dell ' esercito nemico. Si pensi che in una sola battaglia, potevano essere scagliate qualcosa come 300 - 350 mila frecce e che, quando gli arcieri finivano per così dire le "munizioni", venivano mandati dei valletti sul campo, che a rischio della propria vita, raccoglievano le frecce conficcate nel terreno.
La sua lunghezza non era standard, ma variava da pezzo a pezzo ed era pari generalmente, all'apertura delle braccia di un uomo che, per un uomo alto, corrisponde circa alla sua altezza. La potenza era generalmente di 100 - 120 libbre (circa 45 - 55 Kg) più che sufficienti a forare anche le più dure corazze del 14° e 15° secolo, di qui il motto "con l'asta dura entro l'armatura"!
Il segreto di ogni buon arciere consisteva nella costante pratica con quest'arma, da ricordare che nella migliore delle ipotesi un tiro sbagliato significava nella migliore delle ipotesi "fame", nella peggiore l ' arciere non avrebbe avuto modo di pentirsene! L'insegnamento iniziava già dall'infanzia e i giovani arcieri incrementavano progressivamente la precisione di pari passo alla potenza dell'arco.
In ogni villaggio inglese alla domenica mattina, dopo le funzioni religiose, si potevano osservare gare di tiro con l'arco alle quali assistevano dei reclutatori che selezionavano i migliori arcieri che sarebbero andati a formare i reparti usati dai re nelle loro guerre. Le gare sostanzialmente erano divise in gare di precisione, gare di velocità e gare di distanza: le gare di precisione, com'è facile intuire, consistevano in tiri a media distanza su bersagli fissi o mobili, come per esempio a zucche appese e fatte oscillare; le gare di velocità, finalizzate ad allenare le truppe al tiro veloce, consistevano in sfide organizzate in gruppi di arcieri che, in fila indiana, dovevano raccogliere un pari numero di frecce dal terreno, caricare l ' arco e scoccare sul bersaglio; vinceva la gara la squadra che riusciva a completare il tiro di tutte le frecce nel minor tempo; le gare di distanza consistevano in lanci di precisione a lunghe distanze dove l'arciere era costretto a compiere tiri a parabola che richiedevano una particolare abilità nel calcolare l'angolazione del tiro e nel dosare lo sforzo di trazione. Era questo un tiro ampiamente utilizzato dagli arcieri Inglesi nelle famose battaglie a cui si accennava in precedenza con effetti devastanti.
In ogni villaggio inglese alla domenica mattina, dopo le funzioni religiose, si potevano osservare gare di tiro con l'arco alle quali assistevano dei reclutatori che selezionavano i migliori arcieri che sarebbero andati a formare i reparti usati dai re nelle loro guerre. Le gare sostanzialmente erano divise in gare di precisione, gare di velocità e gare di distanza: le gare di precisione, com'è facile intuire, consistevano in tiri a media distanza su bersagli fissi o mobili, come per esempio a zucche appese e fatte oscillare; le gare di velocità, finalizzate ad allenare le truppe al tiro veloce, consistevano in sfide organizzate in gruppi di arcieri che, in fila indiana, dovevano raccogliere un pari numero di frecce dal terreno, caricare l ' arco e scoccare sul bersaglio; vinceva la gara la squadra che riusciva a completare il tiro di tutte le frecce nel minor tempo; le gare di distanza consistevano in lanci di precisione a lunghe distanze dove l'arciere era costretto a compiere tiri a parabola che richiedevano una particolare abilità nel calcolare l'angolazione del tiro e nel dosare lo sforzo di trazione. Era questo un tiro ampiamente utilizzato dagli arcieri Inglesi nelle famose battaglie a cui si accennava in precedenza con effetti devastanti.
L'importanza strategica, sempre maggiore, degli arcieri é testimoniata dal fatto che durante il regno di Edoardo III le proporzioni furono di solito di 2 arcieri per ogni soldato, mentre ad Agincourt questa proporzione fu portata a cinque a uno e, vent'anni dopo, aumentò a sei, sette, o addirittura a dieci archi per ogni lancia!
Nell'Italia del XIII° secolo venivano per lo più usati questi archi :
L'arco Bizantino cioé costituito da legno, cui al davanti era incollato del tendine animale e al di dietro del corno, migliorandone enormemente le prestazioni e la potenza. Era molto versatile, anche a cavallo, date le sue piccole dimensioni e molto veloce nel tiro. Le leve alle due estremità avevano il ruolo di facilitare la trazione e dare più velocità nel rilascio della corda.
L'arco Saraceno, a singola curva, sempre in materiale composito, fu la vera forza dell'esercito di Federico II, che si avvalse di soldati saraceni a cavallo, capaci appunto di usare in maniera infallibile questo arco su di un cavallo in corsa. Quest'arco munito di leve alle due estremità era molto veloce nel tiro e di solito scagliava frecce in canna, molto leggere, con cocche riportate in legno.
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